venerdì 16 luglio 2010

La Rosa di Versailles


E' una bambina,una bambina innamorata. Tutto è luce e profumo,per lei. Tutto è amore,rose,feste,balli,abiti sontuosi e sguardi profondi scambiati accanto al Conte
a cui si stringe.
Non esistono conseguenze,nè scandali,nè dolore nè morte,nel suo piccolo mondo felice.


Il viso magro e pallido rinchiuso nella torre di Versailles non aveva mai sentito la luce del sole sul suo volto,sebbene le tende di velluto aperte rivelavano i fili di luce sul letto sgualcito.
A dire il vero,ammise a se stessa,le sembrava che nessuno fuori dal suo piccolo mondo di specchi, lo avesse visto davvero.
In silenzio si voltò verso le coperte stampate di fiori di seta,stropicciate sul pavimento della camera. La reggia non si era ancora svegliata. Un brivido di disperazione le scosse lungo la schiena.
Davanti i suoi occhi,la stessa scena che osservava mattino dopo mattino ormai da tre mesi: il dorso robusto coperto dalla vestaglia di suo marito il conte di Rèmont, allungato su di un fianco che ronfava
con forza.
Emetteva un rumore fastidioso,sonante e aspirato che le impediva di dormire. Ma si stava abituando anche a quello.
Si domandò dove avesse sbagliato. Era ingenua,inesperta,non riusciva a capire. Rèmont veniva nel suo letto ogni notte,come era obbligato a fare,ma subito si girava su di un fianco e russava.
Ogni sera. Per tutte le notti da quando si erano sposati.
Era una moglie da qualche mese,eppure non era ancora tale le diceva la Contessa di Polignàc. E fino a quando il legame non sarebbe stato consumato,il suo matrimonio non si reggeva
su un terreno sicuro. Socchiuse gli occhi. Anche la sovrana,la delfina di Francia Maria Antonietta, le aveva confidato in un pomeriggio di pioggia, di aver condiviso il suo letto con il delfino per oltre un
anno, come un fratello e una sorella. Le aveva raccontato del suo imbarazzo,nel trovarsi in un paese straniero con un pesante fardello da portare. Ma alla fine, Luigi aveva trovato il coraggio e preso l'iniziativa,come spettava
all'uomo nella tenzone amorosa, e Maria Antonietta aveva dato un erede alla Francia.
Ma per lei era diverso. Rèmont non era giovane come il re, nè fiacco e di esile corporatura. Aveva trentacinque anni,era robusto e sposandola era diventato il fautore della sua ricchezza.
Ma con il matrimonio,aveva capito ben presto di essere divenuta oggetto di tante aspettative.
Nessuno osava parlare a voce alta,ma lei sentiva gli sguardi di cattiveria pesarle come macigni, puntati addosso mentre passeggiava lungo i corridoi della reggia. La servitù,i marchesi,le amanti degli aristocratici.
Li sentiva sussurrare piccola donzella,piccola donzella cosa avete combinato? Ballate e civettate mentre dovreste aver consumato!.
Solo nella Polignàc e nella stessa regina aveva trovato delle sincere confidenti a cui rivelare i propri timori.
Avrebbe dovuto trovare una soluzione al più presto. A piccoli passi si mosse verso lo specchio della camera. Si guardò indugiando,ma non vide la delicatezza della sua giovane età,l'eleganza della
sua figura,il chiarore dei capelli lunghi.
Cècile si osservò a lungo,quella mattina e,proiettata nello specchio, trovò solo il riflesso di una donna infelice ed insoddisfatta.

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