lunedì 27 settembre 2010

ne' santi e peccatori

Ed era l'inverno che ci aveva sputato addosso la guerra;



E c'erano i garzonetti che saltellavano come grilli e cicale da una banchina all'altra;

sbattevano i giornali in faccia alla gente:

" Edizione straordinaria! Edizione straordinaria! straordinaria! "

Nella piazza, addobata a lutto e listrata di scuro, si propugnò il silenzio: rimanevano ancora cinque mesi per piangere i nostri figli.


Lo sparo di un fucile squarciò il cielo e le sue stelle. Un uniforme calpestata fra le spighe di grano si tingeva di rosso e spuntavano le mani congelate e la bocca digrignante volta verso la luce della luna.

Un grido si incise nel petto: il veleno del sangue ai piedi del Reno!


Gli occhi dei soldati superavano le frontiere, e come farina da una stoffa bucata, gocciolavano le lacrime sul marmo straniero.

Combattiamo contro l'ignoto.

La pietà schiacciata dalle suole, strillava: "lasciatemi"

venerdì 24 settembre 2010

maledizioni

Avrebbe fatto ombra perfino a se stessa, quella misera donna.
C'era qualcosa di sbagliato in lei, qualcosa di profondamente sbagliato che attanagliava la sua vita e la rendeva schiava dei suoi errori.
Una maledizione, le piaceva chiamarla. Allora poteva avere la fugace illusione che qualcosa sarebbe cambiato, un giorno lontano.

Ma con le mani strette dalla morsa del freddo, mentre superava i cancelli di ferro battuto, le punte affilate nel cielo al tramonto,mentre sorpassava il profumo di gigli in Rue de Scartes e calpestava con il piede la stoffa di lino di un fazzoletto sporco, mentre bussava contro la porta di legno nascosta dalla copertura di erbacce,che lei conosceva troppo bene, scanzava con un piede i vestiti macchiati di sangue che odoravano di guerra,e gettava il suo corpo tra le lenzuola di seta appena scosse dal vento,scaldata dai ricordi di una notte stellata e le mani rozze che la premevano in seno eplorandone i sapori e le virtù, lei pensò alla sua maledizione e d'un tratto capì.
Era la stessa dolce guerra.

mercoledì 15 settembre 2010

domenica 12 settembre 2010

S e t a .

Qulla mattina cercai il suo calore nel mio letto, e mi fu più caro della sua figura in controluce alla finestra. Accarezzai le lenzuola in cui aveva dormito, seguendo la piccola fossa che il suo peso mi aveva lasciato accanto: trovai un suo capello sul mio cuscino, così, proprio accanto ai miei occhi (non può essere mio, è biondo, è un filo d’oro,) e sentii un calore immenso irradiarsi dalle dita alle vene fino agli occhi ben chiusi nella finzione del sonno. Le mie mani lo cercrono in quei brandelli – il capello, il tuo odore, la pressione superstite sulle lenzuola. Accarezzai le lenzuola in cui dormiva– non vista, ad occhi chiusi. Il ricordo del suo respiro contro il mio collo mi sussurrò qualcosa, qualcosa che credevo aver dimenticato e perso nelle ore di quella notte.
Volta il viso verso lo specchio e lui eri lì, in piedi, con i pennelli in mano a preparare colori. Concentrato sulla sua tela,non si accorse della mia presenza.
- Che cosa stai facendo? - chiesi. Le sue braccia ancora impregnate dal mio profumo.
Scostò via il ciuffo di capelli che ricadeva sul volto
- Silenzio - rispose, senza guardarmi

- sto creando-

mercoledì 8 settembre 2010

Muse -Nessuna Parola-

Nessun dorma.
Nessun dorma.
Tu,bambina di cartapesta dai capelli biondo cenere,
scivolasti fra le lenzuola del letto.
Protetta come Afrodite al cospetto delle vestali, alzasti
gli occhi al soffitto.
La camicia da notte ti sfiorava come i sussurri di un amante,
ti vestiva e ti accarezzava le gambe bianche.
Svegliati.
Lì,la finestra era ancora aperta.Fuori,una vita intera passava davanti e tu non te ne accorgevi.
Il vento baluginava le strade, spazzando via la nebbia fra i setacci
di costa.
Denudava i prati, saccheggiava i viali in festa,travasava i cappotti,i
pensieri,i sussuri.
E poi,si arrestò. Fiacco, s'increspò tra quei capelli vermigli,sfiorava il
pennello che impugna risoluto. Era arrivato da lui.
Finì di ritrarre il suo sorriso, la sua pelle, il suo collo.
Pensò al peccato
- Anche tu, Dio ,scenderesti a compromessi- pensò.
Uno spiffero d'aria entrò dalla veranda rotta.
Si adagiò verso i profili degli abitacoli velati dal mattino.
Il freddo pungeva la città. Chissà se arrivava fino a lei.
E per un istante, guardarono lo stesso cielo.