giovedì 15 luglio 2010

L' ESTETA

Avrei potuto ottenere tutto nella vita,se solo lo avessi desiderato.
Ma scelsi comunque di non avere niente.
La mia decisione sarebbe risultata difficile da capire,ma non me ne pentii mai.
Non temevo il giudizio degli altri, nè mi interessava la loro comprensione.
Capire che cos'è che un uomo vuole dalla vita è una domanda che dovrebbero
porsi tutti.
Il problema è che se è fatta di tappe,la vita, dall'infanzia all'adolescenza,fino alla maturazione,non sempre questo percorso ci induce a chiedercelo.
Un po' per la velocità del mondo che ci sta' attorno,un pò
perchè siamo noi a lasciarci travolgere senza opporre la benchè minima resistenza.
Percorriamo strade "non nostre",percorsi consigliati dai nostri genitori,o peggio
imposti dalla madre di tutte le vie a senso unico,la società.
Andai nei boschi perchè desideravo vivere con saggezza,per affrontare solo i fatti
essenziali della vita,e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa avesse
da insegnarmi.
E per non scoprire,in punto di morte,che non avevo vissuto.
Non volevo vivere quella che non era una vita,a meno che non fosse assolutamente
necessario.
Volevo vivere profondamente,e succhiare tutto il midollo di essa.
Se si fosse rivelata meschina,volevo trarne tutta la genuina meschinità e mostrarne
al mondo la bassezza; se invece fosse apparsa sublime,volevo conoscerla con esperienza,e poterne dare un vero ragguaglio nella mia prossima digressione.
Avevo compreso troppo presto,nella mia arroganza di giovane colmo di progetti e di speranze,che non sarei mai riuscito a cambiare nulla finchè fossi rimasto attaccato
al cordone che mi legava alla mia famiglia.
Era da loro che credevo di fuggire,appena varcata la porta dell'incoscienza.
Da una madre e da un padre.
Li vedo in piedi davanti alle tenute formali dei loro collage.
Vedo mio padre sotto un arco di arenaria ocre,le piastrelle rosse che brillano come scaglie di sangue sopra la sua testa.
Vedo mia madre con dei libri insignificanti al suo fianco,in piedi davanti al pilastro di mattoni col cancello in ferro battuto ancora aperto dietro di lei.
Le punte di lancia nell'aria di Maggio.

Stanno per laurearsi. Stanno per sposarsi.
Sono ragazzi,sono stupidi. Tutto ciò che sanno è che sono innocenti.
Non farebbero mai del male a nessuno.
Se avessi potuto,sarei tornato indietro e li avrei fermati.
"Fermi" avrei detto "Adesso basta. Non sposatevi. Lui è l'uomo sbagliato.
Lei è la donna sbagliata.
Farete cose di cui neanche pensate di fare.Farete del male ai figli,soffrirete in modo inimmaginabile,vi augurerete di morire."
Voglio andare da loro in quella luce di fine maggio e dirglielo.
Ma non lo faccio. "Voglio vivere!".
Li tiro su come bambole di cartapesta, maschio e femmina, e sbatto insieme i loro
bacini come schegge di selce, come per far scaturire scintille.
Dico:"Fate quello che dovete fare ed io poi giudicherò"

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